17 luglio 2017

CVA VERSO LA QUOTAZIONE IN BORSA?

Cva verso la quotazione in Borsa?

Nel consiglio regionale di metà luglio 2017 è stata approvata una risoluzione di indirizzo con 33 sì e il no del M5S, in merito alla possibile quotazione in Borsa di Cva (Compagnia Valdostana delle Acque).  Il testo chiede a Cva che i documenti necessari all'eventuale quotazione siano predisposti secondo le "best practices" di mercato senza scadenze. 



La risoluzione chiede anche che il Consiglio possa esaminare attentamente i risultati del Piano strategico e industriale di Cva e possa effettuare tutti gli approfondimenti sia in merito alla percentuale di azioni da immettere sul mercato sia in relazione alla migliore qualità di impiego delle entrate Conseguenti alla vendita delle azioni.



Il documento chiede infine che il governo regionale  di valutare  la nomina di un advisor (consulente) che possa fornire adeguato supporto all'azionista nella valutazione dell'operazione.


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L’Assemblea degli azionisti di CVA (Compagnia Valdostana delle Acque – Compagnie Valdôtaine des Eaux S.p.A.) - società capofila dell’omonimo gruppo operante nel settore della produzione, distribuzione e vendita di energia (a mercato libero e a mercato di maggior tutela) ha approvato il bilancio relativo all’esercizio 2016 e il consolidato del Gruppo industriale cui questa fa capo, redatti secondo i Principi Contabili Internazionali (IFRS).

Al 31 dicembre 2016 il perimetro di consolidamento del Gruppo risulta variato, rispetto all’esercizio precedente, a seguito dell’acquisizione totalitaria della società Laterza Aria Wind titolare degli impianti eolici di Lamacarvotta e Lamia Di Clemente. A livello consolidato, il Gruppo CVA al 31 dicembre 2016 ha registrato ricavi netti pari a 1,04 miliardi di Euro, rispetto ai 1,1 miliardi di Euro registrati al 31 dicembre 2015. «Questo leggero calo - si legge in una nota diffuda dall'azienda - è conseguenza dei minori volumi di energia prodotti (440 GWh prodotti in meno da CVA nel 2016 rispetto al 2015 – dato in linea con la flessione rilevata a livello nazionale) e della riduzione dei prezzi medi di cessione dell’energia, quest’ultima parzialmente mitigata dal rialzo dei prezzi all’ingrosso registrato nel quarto trimestre 2016 in conseguenza dell’arresto imprevisto di numerose centrali nucleari in Francia, della persistente scarsità della risorsa idrica su tutto l’arco alpino europeo e dell’ondata di freddo registrata nell’Europa centrale».

Data la struttura dei costi del Gruppo, caratterizzata dall’alta intensità di capitale e dalla predominanza dei costi fissi su quelli variabili, nel corso del 2016 CVA ha lavorato nella direzione dell’aumento dell’efficienza, con un contenimento dei costi operativi, che nell’esercizio 2016 hanno raggiunto i 921 milioni di Euro, in flessione del 6,1% rispetto ai 980.7 milioni del 2015. Ciò ha permesso di contenere la riduzione del margine operativo lordo (EBITDA), passato dai 163,9 milioni di Euro dell’esercizio 2015 ai 121,9 milioni di Euro dell’esercizio 2016 e del margine operativo netto (EBIT), che dai 118,4 milioni di Euro dell’esercizio 2015 passa a 73,9 milioni di Euro dell’esercizio 2016.



Al 31 dicembre 2016, l’utile netto consolidato è pari a 48,3 milioni di Euro, rispetto ai 79,3 milioni di Euro registrati nell’esercizio 2015.


A fine 2016 l’indebitamento finanziario netto era pari a 26,1 milioni di Euro, rispetto ai 44,5 milioni di euro a fine 2015, mentre il patrimonio netto di Gruppo era pari a 893,1 milioni al 31 dicembre 2016 (884,7 milioni a fine 2015).


«Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti – ha affermato Enrico De Girolamo, amministratore delegato di CVA – il bilancio 2016, pur riflettendo le condizioni del mercato dell’energia in generale e della produzione idroelettrica nazionale, dà evidenza di un importante recupero in termini di efficienza del Gruppo, che continua a porsi come società di riferimento per la creazione e distribuzione di valore nella regione Valle d’Aosta. Anche in termini finanziari la società ha mantenuto una struttura del capitale solida, con un patrimonio netto di quasi 900 mln di euro, che ci ha consentito di distribuire anche nel 2016 dividendi per 45 milioni di Euro, in linea con il 2015».



«Si tratta di un importante bilancio di transizione – ha proseguito Marco Cantamessa, presidente di CVA – il settore dell’energia è caratterizzato da profondi cambiamenti che, unitamente al calo dei consumi e dei prezzi di energia, pone significative sfide, che il Gruppo CVA affronterà attraverso un articolato percorso di sviluppo e di trasformazione del modello di business. Il percorso nasce dalla visione di rendere CVA un attore di riferimento nel settore per innovazione, crescita e redditività, contribuendo al contempo allo sviluppo del territorio. Pertanto il management di CVA sta definendo un Piano Strategico che punta alla crescita dimensionale e alla diversificazione dei ricavi e delle fonti di produzione di energia, con l’aumento della quota di eolico e di eventuali altre FER (Fonti Energetiche Rinnovabili). Al fine di rendere possibile questo piano di sviluppo, CVA ha avviato i primi passi di un percorso finalizzato all’accesso al mercato dei capitali, attraverso la quotazione di una quota di minoranza delle azioni nel mercato MTA di Borsa Italiana, operazione che chiaramente richiederà la valutazione e l’approvazione dall’Azionista».


«Anche sul lato della vendita – ha concluso De Girolamo - verranno offerti nuovi servizi finalizzati al risparmio energetico e al progressivo spostamento da fonti fossili al vettore elettrico (ad esempio nel campo dell’efficienza energetica e della mobilità), con positive ricadute sia ambientali che industriali sul territorio valdostano e con benefici per la comunità».


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Per i vertici della società è stata migliorata efficienza del gruppo. I ricavi e gli utili quasi si dimezzano. Il 2016 si chiude con numeri che comunque consentono

ai vertici aziendali di dichiararsi soddisfatti. Secondo le cifre del documento contabile, il gruppo Cva al 31 dicembre 2016 ha ottenuto ricavi netti pari a 1,04 miliardi di euro, in diminuzione rispetto ai 1,1 miliardi di euro del 2015. Il  calo  è conseguenza dei minori volumi di energia prodotti (440 GWh prodotti in meno nel 2016 rispetto al 2015, un dato in linea con la flessione rilevata a livello nazionale) e della riduzione dei prezzi medi di cessione dell'energia.


Al calo dei ricavi si accompagna anche un ridimensionamento dell'utile netto consolidato, che al 31 dicembre 2016 era sceso a 48,3 milioni di euro rispetto ai 79,3 dell'esercizio 2015. 



D'altra parte Cva ha anche ridotto l'indebitamento finanziario netto (26,1 milioni, rispetto ai 44,5 milioni di fine 2015), apportato un contenimento dei costi operativi, che nel 2016 hanno raggiunto i 921 milioni, in flessione del 6,1 per cento rispetto ai 980,7 milioni del 2015, e accresciuto il patrimonio netto (893,1 milioni rispetto agli 884,7 del 2015).



Enrico De Girolamo, amministratore delegato di Cva si ritiene soddisfatto dei risultati ottenuti. Il bilancio 2016, pur riflettendo le condizioni del mercato dell'energia in generale e della produzione idroelettrica nazionale, dà evidenza di un importante recupero in termini di efficienza del Gruppo, che continua a porsi

come società di riferimento per la creazione e distribuzione di valore nella regione Valle d'Aosta.


Il management di Cva sta definendo un Piano strategico che punta alla crescita dimensionale e alla diversificazione dei ricavi e delle fonti di produzione di energia, con l'aumento della quota di eolico e di eventuali altre fonti energetiche

rinnovabili. Per rendere possibile questo piano, Cva ha avviato i primi passi di un percorso finalizzato all'accesso al mercato dei capitali, attraverso la quotazione di una quota di minoranza delle azioni nel mercato Mta di Borsa Italiana.


Un'operazione che chiaramente richiederà la valutazione e l'approvazione dall'azionista, cioè della Regione.

16 luglio 2017

VACCINI: IL VENETO PRESENTA RICORSO ALLA CONSULTA SUL DL 73/2017

15 Luglio 2017

Il Veneto, che cercherà nelle urne del referendum del 22 ottobre la legittimazione a una maggiore autonomia da Roma, comincia intanto un braccio di ferro con il Governo sulla sanità, presentando ricorso alla Consulta contro il decreto legge 73 che impone l'obbligatorietà vaccinale.

Il governatore leghista Luca Zaia l'aveva promesso all'indomani del varo del provvedimento, e ha mantenuto l'impegno, facendo notificare oggi ai giudici della Corte Costituzionale l'appello contro la nuova norma. "Quello che rifiutiamo - ha detto - è un intervento statale che impone un obbligo collettivo di ben dodici vaccinazioni, una coercizione attuata per di più con decreto d'urgenza, senza precedenti storici a livello internazionale, nemmeno in periodi bellici, che renderà l'Italia il Paese con il maggior numero di vaccinazioni obbligatorie in Europa".

Un mese fa, quando il Veneto - unica tra le Regioni italiane - contestò apertamente l'emanazione del decreto, ricevette la risposta netta del ministro della sanità Beatrice Lorenzin, la quale, invitando Zaia a ripensarci, osservò che proprio la Regione del governatore della Lega "non sta messa bene, ha avuto negli anni un calo di vaccinazioni e immunizzazioni molto forte e di cui l'Iss ha presentato un rapporto".

C'era stato un leggero miglioramento, ammetteva Lorenzin, aggiungendo tuttavia che si trattava di percentuali "sempre molto al di sotto dei dati che noi riteniamo, e che l'Oms ritiene congrui". Proprio sulla indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, invece, il Veneto avanza distinguo: "Noi non contestiamo certo la validità dei programmi di vaccinazione - ha scandito Zaia - Lo testimonia la nostra legislazione regionale, improntata sulla opportunità di effettuare i vaccini e lo dimostrano gli elevati livelli di copertura raggiunti".
Però si nega l'esistenza del presupposto di necessità e urgenza su cui basa il decreto legge, "perché l'Oms - spiega Zaia - non ha mai raccomandato il raggiungimento della soglia di copertura vaccinale del 95% per garantire l'immunità di gregge"; la soglia del 95% viene considerata come "ottimale", ma non "critica" dalle istituzioni sanitarie per alcune malattie (e non per tutte), e per questo la Regione, con i livelli di copertura raggiunti dal proprio modello, non presenta "una situazione epidemica di emergenza".

Nel decreto 73, il Veneto contesta poi la violazione del diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione), riguardo al principio di autodeterminazione nelle scelte sanitarie, e il fatto che si contraddica il principio di precauzione, introducendo "una sorta di grottesca 'sperimentazione di massa obbligatoria', senza un adeguato consenso informato, senza il sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza una supervisione bioetica". La Regione Veneto annuncia peraltro che proporrà ricorso non solo sul decreto originario ma anche sulla legge definitiva, che dovrebbe ridurre a dieci i vaccini obbligatori, in emanazione.